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“Melgasciada”, l’osteria (scomparsa) più amata dai briganti (II)

Sotto la torretta del Belvedere c’è sempre l’antico borgo (I)

L'osteria Melgasciada, trattoria milanese tipica anche d'inverno con la neve

SOMMARIO Per secoli fu una delle osterie più famose di Milano. Nel XVI secolo fu frequentata anche da banditi molto pericolosi, poi catturati e giustiziati, ma divennero personaggi leggendari. Due secoli dopo era divenuta una trattoria “fuori porta” e comparvero un paio di affreschi che illustravano le loro “gesta”. Tali vicende non sono bastate a proteggerla dalla speculazione: fu abbattuta negli anni Cinquanta. Ecco la sua storia e le immagini disponibili

L’osteria Malgasciada, anni ’20. Era ai margini del Bosco della Merlata 

di Claudio Gironi

Due grandi ippocastani a formare una specie di invito per l’ingresso, poi un piccolo giardino sulla sinistra con dei tavoli in pietra, di fronte un cortiletto con una stretta porta che immette nell’osteria; su un lato, a filo del marciapiede di Via Mantegazza, un parapetto di cemento, originariamente posto a protezione dei passanti, resta a testimoniare l’antica presenza in luogo dell’alveo di un fontanile: ecco la Melgasciada alla metà degli anni Cinquanta del Novecento, gli ultimi della sua plurisecolare esistenza.

Melgasciada, a volte italianizzato in Melgasciata, un nome evocativo del mondo agricolo che, fino ai primi anni del Novecento, ha caratterizzato il territorio del vecchio comune di Villapizzone. E’ infatti nel termine milanese “melgasc”, vale a dire il gambo secco del granoturco che rimaneva nei campi dopo la raccolta delle pannocchie, che troviamo la radice della parola Melgasciada. Da notare che il Vocabolario Milanese-Italiano del Banfi (1870) contempla proprio la voce “melgasciada” , con sinonimi “melgascee” e “melgascera”, definendola “mucchio di granturcali”. La posizione isolata della vecchia osteria, immersa in una distesa di campi di granoturco (el formenton) aveva evidentemente avuto parte fondamentale nella scelta di quel nome pittoresco. 

Il bosco Merlata in una mappa XVI sec.

Comunque sia, nella tradizione popolare di Villapizzone, oralmente tramandata fino ai giorni nostri, la Melgasciada appare sempre collegata alle vicende dei celebri briganti Battista Scorlino e Giacomo Legorino nonché, e direi soprattutto, al leggendario tesoro da loro forse nascosto in quel luogo. Infatti, sempre secondo questa tradizione, la vecchia osteria sarebbe stata una delle basi, se non la principale, della banda capitanata dai due feroci grassatori. La loro storia, per la prima volta pubblicata in un testo settecentesco intitolato “Processo formato contro due famosissimi banditi Giacomo Legorino e Battista Scorlino con suoi seguaci, quali furono tutti pubblici assassini di strada”, edito nel 1757 da G. Mazzucchelli, ci riporta alle vicende cinquecentesche del brigantaggio nei Boschi della Merlata, estesa formazione boschiva che, a quei tempi, copriva vaste zone della fascia nord-occidentale del territorio milanese, dai dintorni di Arese fino alla zona dell’attuale Cimitero Maggiore.

La Cascina Merlata di Via Gallarate, restaurata in occasione dell’Expo 2015 ce ne tramanda con il nome il ricordo. I due banditi, catturati insieme a numerosi complici e rei di un numero imprecisato di omicidi, vennero processati e infine giustiziati nel maggio del 1566 e il testo che ne documenta per l’appunto il processo, riporta inoltre fedelmente la relazione fatta dal cavaliere del capitano di giustizia Giulio Modena a Pietro Giorgio Visconte, segretario del Senato di Milano in merito allo spietato supplizio e alla esecuzione dei due condannati. Non possiamo sapere se anche precedentemente all’edizione del Mazzucchelli, fosse così vivo a Villapizzone il ricordo delle gesta dei due banditi ma certamente possiamo immaginare che, quantomeno, la riproposizione della storia ne possa avere rinfocolato la memoria. E’ infatti alla seconda metà del Settecento che venivano fatti risalire i due affreschi di gusto popolaresco che decoravano le murature della vecchia osteria. Il primo affresco rappresentava una aggressione posta in essere da un bandito pittorescamente agghindato con cappellaccio, stivali, cintura, ritratto nel momento in cui stava per colpire con un pugnale un viandante, in un contesto ambientale caratterizzato da alcuni alberi e una cascina. Il secondo, con la data di esecuzione dell’opera, 1793, ben evidenziata sul muro della casa dipinta, rappresentava invece due banditi che incrociavano i loro tromboni, a mo’ di giuramento. Sotto di loro una scritta, in un italiano simpaticamente zoppicante, recitava: “Giuriamo di tradirci mai più” mentre nella parte superiore della pittura un’altra scritta recitava “Qui giace la testa della mula posta dai celebri briganti Battista Scorlin e Giacomo Legorin”.

I due affreschi un tempo visibili sulle mura dell’osteria conosciuta come la Melgasciada

Possiamo facilmente immaginare quali fantasie possa avere suscitato una scritta di questo genere: l’idea di un tesoro nascosto, a portata di mano, si è conservata viva per secoli. Inoltre, a rinfocolare ulteriormente le fantasie, uno dei due fontanili che lambivano l’edificio, portava il nome, fortemente evocativo, di Cagadenari (el Cagadanee), quasi che fosse sufficiente esplorarne il corso per trovare denari a palate. A prescindere però dalla tradizione popolare, da un punto di vista strettamente documentario è solo nella mappa del Catasto Teresiano del 1721 che possiamo realmente constatare per la prima volta la presenza della Melgasciada nell’ambito del territorio di Villapizzone. La costruzione, che viene chiaramente definita sul documento con il termine di “Osteria”, appare isolata nella campagna a lato del corso dei fontanili Nirone e Cagadenari, in corrispondenza del ponte che permetteva il superamento degli stessi a coloro che, provenendo da Milano, intendevano raggiungere il borgo di Villapizzone lungo un itinerario ancora adesso perfettamente visibile costituito dalle vie Airaghi e Mantegazza. Proprio su quest’ultima si affaccerebbe oggi la Melgasciada, precisamente negli spazi del giardino della scuola elementare Console Marcello che fronteggiano il civico 10 di via Mantegazza.

Fotografia dell’osteria-trattoria Melgasciada, trattoria milanese tipica anche d’inverno con la neve

L’edificio presentava una curiosa posizione di non allineamento al tracciato stradale dovuto alla sua vetustà, in quanto antecedente alla rettifica della via di accesso al paese effettuata dal proprietario Conte Marliani, in contemporanea con la costruzione del ponte in cotto a scavalco dei due già citati fontanili. Infatti, dopo il 1721 troviamo la Melgasciada citata nella “Descrizione dei fondi di seconda stazione” del 1753, inserita fra le proprietà del conte Paolo Marliani, sempre naturalmente come osteria. Alla proprietà Marliani subentrerà successivamente (1793) la proprietà Cicogna che la manterrà per quasi tutto l’Ottocento, almeno fino al 1880, quando proprietaria dell’immobile sarà ancora una contessa Cristina Cicogna maritata Castelbarco Albani. Nel corso del Novecento, fino alla sua demolizione, la Melgasciada manterrà una robusta fama di osteria fuori porta particolarmente adatta per le scampagnate domenicali, come ampiamente testimoniato da numerosi scrittori di cose milanesi fra i quali è doveroso citare almeno Otto Cima che, nella sua “Milano Ottocentesca”, ne ricorda, oltre ai succulenti asparagi, il famoso teschio della mula incassato nella parete e i rozzi affreschi dedicati ai briganti del Bosco della Merlata.

Come si può vedere una serie di fatti plurisecolari dal notevole spessore storico che però non sono stati sufficienti a salvare l’antica costruzione: dopo l’acquisto da parte del Comune di Milano e alcuni anni di abbandono, il 21 luglio del 1959 il famigerato piccone demolitore ha definitivamente messo la parola fine all’intera vicenda. E il presunto tesoro nascosto? Nulla di certo in merito: solo una vox populi di quartiere secondo la quale, durante la demolizione dell’edificio, i muratori impegnati nel lavoro avrebbero ritrovato alcune monete d’oro… Ma altre voci, forse più veritiere, parlano invece del ritrovamento solo di ossa nel giardino e nelle cantine.

La Melgasciada negli anni Cinquanta, poco prima della demolizione

 

 

 

 

 

Le foto provengono dall’Archivio storico Biblioteca Villapizzone

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