SOMMARIO Nacque come sanatorio nel 1927 all’interno dell’ex area comunale di Musocco, quando la tubercolosi era una delle malattie più diffuse, soprattutto tra i borghi degli ex Comuni aggregati a Milano nel 1923. Una situazione dovuta alle meno sane condizioni delle secolari abitazioni contadine, peggiorata dalle conseguenze che Grande Guerra ebbe sulla salute di tanti reduci. Il nosocomio fu una sorta di cittadella della salute indipendente in ogni cosa, trasformata con il passare dei decenni nell’Azienda ospedaliera che è oggi, tra le più complesse e importanti del Paese
di Maurizio De Filippis
“…oppure le corse su e giù per il ponte del sei, oltre l’ingresso del Sanatorio, verso Rho, verso Castellazzo…Te set un dio, Dante! Un dio!..”
Giovanni Testori, Il dio di Roserio

La prepotente vitalità e forza fisica mostrata da Dante Pessina, il ciclista dilettante della Vigor protagonista del racconto di Giovanni Testori intitolato Il dio di Roserio (1954), consentono al pubblico che lo attende in prossimità del traguardo di paragonarlo a un dio. Un dio minore però, che dopo aver causato volontariamente la caduta di un suo gregario per vincere in solitudine una corsa, rimuove i propri sensi di colpa sbaragliando gli avversari durante l’ultima gara ciclistica ambientata dall’autore tra Vialba, Roserio e Villapizzone. La tenacia e lo slancio con cui il giovane atleta cerca di liberarsi dei rivali per guadagnarsi il passaggio tra i professionisti rappresentano un tentativo di riscatto e di emancipazione sociale: “Poi quelli della Bianchi…L’anno che viene il posto al garage glielo avrebbe lasciato a qualche altro pistola”. [1]

Se le imprese sportive del dio di Roserio presupponevano uno stato di salute ottimale e un costante allenamento, ben diverse erano le abitudini e lo stile di vita degli abitanti di Vialba e Roserio nella prima metà del Novecento. La necessità di arginare la diffusione della tubercolosi, in forte ripresa al termine del primo conflitto mondiale, indusse il Comune di Milano a iniziare nel 1927 la costruzione del sanatorio di Vialba, uno dei primi tisicomi di pianura sorti in Italia. La nascita di un ospedale cittadino per cronici, completava la capacità ricettive di un sistema di accoglienza che comprendeva a livello territoriale anche i sanatori di Garbagnate Milanese, Cuasso al Monte, Legnano, Ornago e Prasomaso.
Dalla seconda metà del XX secolo, grazie al progressivo miglioramento delle condizioni sociali ed economiche della popolazione e all’introduzione di nuove terapie farmacologiche, la tubercolosi e gran parte delle principali malattie infettive, potevano considerarsi malattie del passato. Il graduale declino della morbosità e mortalità per tubercolosi si poteva attribuire all’attività dispensariale, all’assistenza sanatoriale e, in un secondo momento, a una sempre più efficace chemioterapia. I progressi scientifici e tecnologici in campo medico raggiunti a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso fornirono un considerevole impulso ai tentativi di riforma del sistema sanitario italiano. Nel caso dell’Ospedale “Luigi Sacco” di Vialba, ad esempio, la conversione da sanatorio in ente ospedaliero costituì una premessa indispensabile per far fronte alle mutate esigenze della popolazione che risiedeva nei popolosi quartieri di Quarto Oggiaro, Musocco, Roserio e Vialba.

Nonostante le difficoltà e i problemi suscitati dalla fusione con l’ente assistenziale ”ANEA” e con il “Bassi”, gli interventi previsti dal nuovo piano di sviluppo dell’ospedale “Sacco” furono portati gradualmente a termine completando il passaggio dal vecchio al nuovo assetto istituzionale iniziato con la legge n. 132, del 1968 e proseguito con la riforma sanitaria del 23 dicembre 1978, n.833, istitutiva del “Servizio sanitario nazionale”. La legge n. 833, del 1978, portava a compimento la riforma sanitaria iniziata dieci anni prima con la legge Mariotti sugli enti ospedalieri. Sul piano giuridico si intendeva “rendere gratuita e accessibile” a tutti i cittadini (non solo a quelli iscritti nelle varie mutue) un insieme di prestazioni sanitarie (infermieristiche, domiciliari, ambulatoriali, specialistiche, ospedaliere, farmaceutiche) con la creazione di una rete di servizi adatti allo scopo (USSL). L’adozione del nuovo modello rappresentò, di fatto, il superamento del precedente sistema mutualistico-ospedaliero, caratterizzato dalla frammentazione e dalla carenza di collegamenti tra cure ambulatoriali o domiciliari e ospedaliere. Il graduale trasferimento di competenze alle Regioni consentì agli ospedali, divenuti presidi costitutivi delle unità sanitarie locali, di implementare le proprie prerogative: l’ospedale “non è più un luogo isolato di ricovero e cura: è divenuto parte di un sistema integrato di servizi assistenziali, ha ampliato le proprie finalità alla prevenzione e riabilitazione collegandosi al territorio con servizi ambulatoriali, con centri diurni che forniscono vari tipi di assistenza, con altre forme “aperte” di intervento (home care)”. [2]
I propositi di tutela della salute dei cittadini emersi nel secondo dopoguerra, l’istituzione del “servizio sanitario nazionale” negli anni Settanta e il processo di aziendalizzazione degli anni Novanta hanno permesso un’ulteriore trasformazione del tradizionale assetto delle istituzioni ospedaliere e delle funzioni della sanità pubblica. Alla prassi diagnostico-terapeutica si è aggiunta un’intensa attività di prevenzione e riabilitazione, in stretto collegamento con le necessità e i bisogni del territorio. L’interesse nei confronti della “sanità” fisica e psichica della popolazione ha riportato al centro dell’attenzione generale la condizione individuale del malato e il suo rapporto con l’istituto di cura che lo ospita. I momenti fondamentali che hanno determinato l’evoluzione di Vialba da Sanatorio ad Azienda ospedaliera, consentono di individuare le tracce di un percorso istituzionale capace di conservare intatta la vocazione assistenziale che ne aveva caratterizzato gli esordi.
Inaugurato nel 1931, il Sanatorio di Vialba è rimasto tale sino a quando fu convertito nel 1971 in Ospedale generale provinciale per effetto della riforma ospedaliera del 1968. Grazie al progressivo miglioramento delle condizioni sociali ed economiche della popolazione e all’introduzione di nuove terapie la tubercolosi in Italia poteva, infatti, considerarsi una malattia del passato. Il declino delle principali malattie infettive e l’ascesa delle malattie metabolico-degenerative portarono pertanto ad un radicale rinnovamento delle istituzioni nosocomiali.

Nel 1975 l’Ospedale “Agostino Bassi” e l’Ospedale “ANEA” furono accorpati con il “Luigi Sacco”, a seguito della soppressione degli istituti di ricovero monospecialistici prevista dal piano ospedaliero regionale lombardo 1974-1978. Lo sviluppo cui è andato incontro l’Ospedale “Luigi Sacco” negli ultimi decenni, ha risentito profondamente delle croniche difficoltà del sistema sanitario italiano. Queste ultime hanno spesso influito sulle vicende storiche dell’ospedale rendendo più instabile il suo rapporto con il territorio circostante. La conversione in ente ospedaliero e l’accorpamento con gli ospedali “Bassi” e “ANEA” non si verificarono al termine di un percorso lineare, ma al culmine di un periodo di grandi trasformazioni che si concluse alla fine degli anni Settanta. Nonostante la presenza dell’Università (1974), il connubio tra “Sacco” e “Bassi”, voluto dalla Regione Lombardia nel 1975, rimase inefficace per molti anni. Costruiti a più di trent’anni di distanza uno dall’altro, i due nosocomi avevano alle spalle una storia e una tradizione clinica completamente differenti.

Il Sanatorio di Vialba faceva parte di una rete sanatoriale estesa su tutto il territorio nazionale per combattere la tubercolosi. L’Ospedale “Bassi”, situato in via Livigno nel quartiere di Dergano, era sorto nel 1896 per il ricovero degli ammalati contagiosi. Le terapie sanatoriali tradizionali comportavano lente guarigioni, lunghe convalescenze e momenti di vita comunitaria. Negli ospedali pei contagiosi invece, tra il momento della guarigione e quello delle dimissioni, l’intervallo era molto più breve, i reparti erano maggiormente isolati e le occasioni d’incontro ridotte all’essenziale. La comparsa dell’AIDS costituì l’occasione per effettuare la svolta tanto attesa e programmare una riqualificazione terapeutica che avrebbe permesso all’Ospedale di Vialba di diventare un centro di riferimento fondamentale nella lotta contro questo tipo di patologia. A partire dal 1985 l’Ospedale multizonale “Luigi Sacco” si trovò ad affrontare l’emergenza AIDS, divenendo, grazie al potenziamento delle divisioni di malattie infettive, un punto di riferimento nazionale per la ricerca scientifica e la cura di questa nuova patologia. L’AIDS (Acquired Immuno-Deficiency Syndrome) provocata da un virus denominato HIV (Human Immunodeficiency Virus), “irrompe senza preavviso in un mondo ipersviluppato, culturalmente impreparato e biologicamente indifeso”. Ciò che sconcerta l’organizzazione della sanità, e non meno la scienza medica, è il fatto che l’AIDS fa la sua comparsa proprio in una fase storica che si pensava inaugurasse l’era del definitivo trionfo medico-sanitario”. [3]

Tubercolosi e AIDS, malattie infettive e “sociali”, hanno influenzato profondamente la storia passata e recente del “Sacco”, contribuendo al recupero di un’identità rimasta a lungo in bilico durante i profondi cambiamenti strutturali degli anni Settanta. Il processo di crescita ed integrazione con il territorio, iniziato con l’ingresso nel 1974 della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano e proseguito con l’apertura del centro poliambulatoriale “Tiberio Pansini” nel 1979, è culminata nel 1995 con il conferimento della qualifica di Azienda ospedaliera in attuazione del decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992 e con l’inaugurazione nel 1998 del dipartimento di emergenza e accettazione.
L’evoluzione di Vialba da sanatorio ad azienda ospedaliera, un percorso spesso accidentato e comunque non sempre lineare, è stata caratterizzata dalle “svolte epidemiologiche” di cui abbiamo cercato di mettere in evidenza le dinamiche storiche e i riflessi in campo scientifico, istituzionale e assistenziale. L’ospedale “Luigi Sacco” è divenuto nel tempo un centro di riferimento per le emergenze epidemiologico-pandemiche (SARS, Bioterrorismo e Covid-19) e per importanti patologie infettive (HIV/AIDS), oltre che per patologie di natura oncologica e cardiologica. Negli ultimi anni l’ospedale, divenuto una delle realtà ospedaliere milanesi più conosciute a livello nazionale, è cresciuto anche nelle aree della gastroenterologia, dell’oculistica, della riabilitazione e nella diagnosi e cura delle malattie psichiatriche. Il polo cardiologico è tra i più apprezzati della città di Milano. Il “Sacco”, infine, è all’avanguardia nel campo della farmacologia clinica e della ricerca biomedica. La recente trasformazione delle Aziende ospedaliere lombarde in ASST (Aziende Socio- Sanitarie Territoriali) ha comportato l’accorpamento all’interno della stessa struttura assistenziale di ospedali molto diversi tra loro: “Luigi Sacco”, “Fatebenfratelli”, “Vittore Buzzi” e “Macedonio Melloni”. La ASST Fatebenefratelli-Sacco si è costituita il 1 gennaio 2016 in attuazione della Legge Regionale n. 23 dell’ 11 agosto 2015 denominata “Evoluzione del sistema sociosanitario lombardo”.
Note
[1] G. Testori, Il dio di Roserio, in Opere 1943-1961, Milano, Bompiani, 1997, p.194.
[2] P. Cavaleri, Assetto istituzionale degli ospedali e orientamenti giurisprudenziali in materia a partire dal 1890 all’avvento del fascismo, in Gli ospedali in area padana fra Settecento e Novecento, a cura di M.L. Betri, E. Bressan, Milano, Franco Angeli, 1992, p. 384.
[3] G. Cosmacini, Scienza e umanità nella medicina del Novecento, in Il Bene e il Bello. I luoghi della cura – cinquemila anni di storia, Milano, Electa, 2000, p. 106.
Bibliografia
Bielli, Un quartiere operaio nella grande Milano, Milano, Cooperativa L’Avvenire di Musocco,1993.
Calvi, L’Ospedale Agostino Bassi di Milano, Monticello, Grafica Briantea, 1993.
Cavaleri, Assetto istituzionale degli ospedali e orientamenti giurisprudenziali in materia a partire dal 1890 all’avvento del fascismo, in Gli ospedali in area padana fra Settecento e Novecento, a cura di M. L. Betri, E. Bressan, Milano, Franco Angeli, 1992.
Cosmacini, M. De Filippis, P. Sanseverino, La Peste Bianca. Milano e la lotta antitubercolare (1882-1945), Milano, Franco Angeli, 2004.
Cosmacini, Storia della medicina e della sanità nell’Italia contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 1994.
Scienza e umanità nella medicina del Novecento, in Il Bene e il Bello. I luoghi della cura – cinquemila anni di storia, Milano, Electa, 2000.
De Filippis, L’Ospedale “Luigi Sacco” nella Milano del Novecento, Milano, Franco Angeli, 2003.