SOMMARIO Gran parte del noto Parco Forlanini, uno dei polmoni più estesi di Milano con i suoi 750mila metri quadrati e il suo status particolare che lo rende assimilabile al Parco Agricolo Sud, occupa il territorio dell’antico Comune di Casanova, poi aggregato a Lambrate nel 1841. In effetti, potrebbe anche tranquillamente chiamarsi Parco Agricolo di Lambrate, o Parco Casanova. All’interno sono situate ben 10 cascine, incluso qualche mulino, inserite in un paesaggio costituito da un alternarsi di zone agricole, boschi mono specie (sempreverdi e caducifoglia), ampi prati
Testo di Riccardo Tammaro
Fotografie di Roberto Visigalli

Questo testo si propone di esaminare tutte le cascine site all’interno del Parco Forlanini. Naturalmente questo raggruppamento non ha ragione storica poiché il Parco Forlanini, come penso sia noto, venne realizzato negli anni 1967-70 su progetto degli architetti Cesare Mercandino e Mario Beretta con l’idea di creare un grande spazio verde per l’utilizzo sportivo e ricreativo. Inizialmente avrebbe infatti dovuto coprire un’area di circa 2.500.000 mq e contenere anche piscine e campi da hockey, ma la realizzazione dell’aeroporto di Linate ne ridusse le dimensioni a 750.000 mq
Casanova
Vi è tuttavia un criterio che unisce tutte queste cascine: sorgono a est del Lambro, e tutti sappiamo come un tempo attraversare i fiumi fosse un arduo compito (tanto che alcuni comuni, come ad esempio Crescenzago, basarono il loro sviluppo economico sulla presenza di un ponte, con opportune gabelle). Oltre a questo, guardando le mappe del diciannovesimo secolo si può notare la presenza di un agglomerato, detto “Casa Nuova”, riportato come più grande degli altri, Comune fino al 1841, quando fu aggregato a Lambrate, e a cui quindi è lecito pensare che tutti gli edifici rurali delle vicinanze facessero riferimento. Ed infatti le cascine che vedremo si trovano tutte a breve distanza da questa, detta oggi Cascina Casanova, eccezion fatta per quelle che si affacciavano sull’odierna via Corelli, e che in seguito avrebbero fatto riferimento all’Ortica.

Iniziamo dunque proprio dalla Cascina Casanova, che si trova a cavallo della via Taverna e che si incontra percorrendo questa via a partire da via Corelli: essa ci si para innanzi costringendoci ad una curva a gomito verso destra. Le sue condizioni attuali non sono certo ottimali, come indica anche il cartello “edifici pericolanti” che la precede, ma da tempo è in corso un intervento di recupero. Questa cascina era già presente nella mappa cinquecentesca della Pieve di Segrate, in cui compariva come un nucleo rurale fortificato, e nella carta del Claricio del 1600. Nel catasto teresiano, su un lungo edificio porticato si inseriscono ortogonalmente due edifici di diversa lunghezza, intorno ai quali vengono rappresentate colture prevalentemente a prato; l’area occupata dalla cascina è delimitata su tre lati dal corso di una roggia.

Nell’Ottocento, se da un lato l’area occupata non cambia, gli edifici subiscono alcune trasformazioni: a ridosso del nucleo originario oppure isolati all’esterno dello stesso, sorgono infatti nuovi fabbricati, e questo aspetto ottocentesco, fatta salva la scomparsa di qualche fabbricato o parte di esso, è quello che si è conservato fino ai giorni nostri: alcuni edifici d’abitazione (tra cui uno dei corpi più antichi) e la stalla porticata su due lati.
Taverna
Poco distante, al civico 85 della via omonima, si trova la Cascina Taverna. La cascina era formata da due fabbricati, l’uno a pianta a L, l’altro a pianta lineare, giustapposti in modo da formare uno spazio delimitato su tre lati: l’edificio a L conteneva le abitazioni, disposte su due piani, mentre l’altro ospitava una grande stalla con porticato verso l’aia. Gli edifici compaiono sul Catasto Teresiano, ma nell’Ottocento mentre l’uno, quello ad uso abitativo, risulta ampliato, l’altro viene completamente sostituito da quello sopra indicato e tuttora visibile, seppur degradato.
Negli anni ’70 del secolo scorso l’edificio abitativo era occupato, seppure parzialmente: il braccio corto della L ospitava infatti la famiglia del guardiano, e la stalla, in discrete condizioni, abbisognava solo di una riparazione sul tetto. Ai nostri giorni della stalla è rimasto solo lo scheletro delle colonne portanti, mentre le abitazioni, che hanno avuto un intervento di recupero, hanno per parecchio tempo ospitato il guardiano.

Mulino Codòvero
Più a sud-ovest, appena al di là del Lambro, sorge il Mulino Codòvero (l’accentazione è ricavata dall’ottocentesco Catasto del Lombardo-Veneto), dove recentemente è stato ricavato un canile, aggiungendo alcune tettoie in stile rurale ad uno degli edifici occidentali della vecchia struttura del mulino (l’altro è andato invece perduto). L’origine antica di questo mulino è testimoniata, oltre che dalla presenza sulla carta del Claricio del 1600, da un documento datato 1650, in cui risulta la vendita di un “Mulino con casa da pigionante e alcuni pezzi di terra (…) detto il Mulino Codovero” al Monastero di Santa Maria delle Grazie
Costruito a cavallo della roggia Molinara (o Molina o anche Lambreto, la stessa che alimenta i Mulini Torrette e San Gregorio nel Parco Lambro, ed è stata in questo tratto soppressa), l’organismo architettonico presentava infatti l’impianto tipico del mulino: due corpi di fabbrica, per un tratto paralleli alla roggia, e divergenti in corrispondenza del bacino a fronte del piccolo salto dell’acqua. Inoltre, dato che la roggia in quel punto formava un isolotto, le pale erano poste a cavallo di entrambe le diramazioni. In seguito venne demolita la parte orientale del mulino, lasciando solo i due edifici più occidentali. Esaurita la sua funzione, anche a causa della costruzione nei suoi immediati pressi della Tangenziale Est, il mulino venne in seguito utilizzato come abitazione e deposito da due artigiani, che si erano suddivisi i due edifici.
Villa Landa
Passiamo infine ad occuparci delle due cascine poste a nord del Parco Forlanini, lungo la via Corelli, ed iniziamo con la Cascina Villa Landa, che forse era in origine un borgo medievale denominato Villa Adrado nel 1170, Villadelardi nel 1212, scomparso con la chiesa di Sant’Antonino, ivi citata alla fine del Duecento. Sita al civico 142 della via, Villa Landa risulta già nella mappa della Pieve di Segrate del 1569 e nella successiva carta seicentesca del Claricio. Il catasto teresiano la raffigura di fianco alla cascina Case Nuove (di cui parleremo tra poco) tra una distesa di prati. La proprietà è costituita da due corpi ad L (uno dei quali di dimensione maggiore rispetto all’altro) che si affacciano su aree di pertinenza distinte, separate dalla via Salesina ed oggi appartenenti a due diverse proprietà.

La cascina è attualmente in condizioni alquanto degradate, in quanto già dagli anni ’70 del ventesimo secolo buona parte degli edifici erano stati demoliti oppure erano crollati. In seguito, dopo la demolizione dell’edificio sul fronte nord, adibito a stalle, non sono più stati visibili neppure gli elementi costitutivi della grande stalla: le finestre, ricavate sul muro di cinta in corrispondenza delle mangiatoie, e le basi dei pilastri dalle quali era possibile individuare lo schema strutturale dell’edificio che delimitava il lato nord della corte. Sul lato sud non si notano più neppure i resti di un rustico crollato di schianto nel 1975, a causa, pare, di un aereo decollato dal vicino aeroporto di Linate. Dell’antica struttura rimane il corpo delle abitazioni, con annessi alcuni locali per magazzini e depositi, che si affaccia sulla via Salesina, in buone condizioni. Di fronte ad esso, la cascina detta Villanda su alcune carte, e Villa Landa II su altre, in realtà parte orientale della Villa Landa, vanta uno stato di conservazione decisamente migliore, ed è anch’essa abitata.

Case Nuove
Proseguiamo questo excursus con la cascina Case Nuove, sita in via Corelli al civico 124, e quindi leggermente più vicina al centro città rispetto alla precedente. Essa sorge infatti in corrispondenza con il Centro Sportivo Saini. Nel Settecentesco catasto teresiano la cascina appare costituita da un solo edificio in linea sulla strada per Liscate, come la vicina Villa Landa; nell’Ottocentesco catasto Lombardo-veneto due ali di stretti rustici si aggiungono all’edificio preesistente, formando una corte costruita su tre lati e chiusa a sud da una recinzione; all’interno della corte è situato anche il fabbricato della stalla.
L’impianto planimetrico della cascina quindi è quello tipico: uno spazio quadrangolare attorno al quale sono disposti gli edifici. Sul lato ovest si trova il porticato per il deposito degli attrezzi; sul lato nord, che è collegato al deposito, sono sistemate le abitazioni con il portone di ingresso che dà sulla via Corelli; sul lato est si trova la stalla e sul lato sud vi è un muro di cinta con un secondo ingresso e non sono più visibili le tracce di un rustico abbattuto negli anni ’70 del ventesimo secolo, che completava la disposizione degli edifici attorno alla corte. In particolare il lato ovest è stato ricostruito nel 1970 da un gruppo di famiglie che vi operavano nell’ambito della prevenzione dell’emarginazione minorile, mentre il corpo sito a nord, risalente al Settecento, è quanto risulta dal recupero architettonico di una casa di campagna costruita a fianco ad un oratorio coevo.
Salesina

Spostandosi poco a sud, al termine della via Salesina, si trova la cascina omonima (il cui nome deriverebbe dal “salice”), all’interno del territorio del Parco ma di proprietà privata, che era utilizzata per attività agricole e come residenza del contadino. Essa consiste di numerosi edifici, di epoche diverse, posti attorno all’aia centrale; l’edificio più antico è lievemente obliquo rispetto al perimetro dell’aia.
Cascina Oppio e Mulino della Composta
Sempre sulla via Corelli, al civico 37, ricordiamo la Cascina dell’Oppio, da tempo immemorabile sede di un locale di ristoro: posta non lontano dalla Polveriera Austriaca di Lambrate ormai scomparsa, il Maresciallo Radetzky vi pranzava quotidianamente, ed è tuttora in attività; così pure merita di essere citato il Mulino della Composta, al civico 34 di via Corelli, di poco a sud, posto a cavallo di una derivazione del Lambro che lo alimentava, come testimonia una pala tuttora presente sull’edificio. Qualche anno fa alcuni comparti edificati erano in fase di ristrutturazione, mentre i restanti ambiti erano ad uso deposito e artigianato.
Mulino della Composta
